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Incubi nel cyberspazio

Come ogni giorno d’inverno, il sole era tramontato presto e quella lampada led dalla luce biancastra trasformava il CED in una specie di sala operatoria. 

In effetti non ci andava tanto lontano, c’erano dei cacciaviti dappertutto al posto dei bisturi e pezzi di assemblati sparsi negli angoli della stanza invece di protesi, ma la scenografia era piuttosto simile. 

Andy si stava scolando la quinta Coca zero della giornata, nella vana speranza di mantenere linea e buon umore ad un livello accettabile, la t-shirt scolorita di Blade Runner che conteneva a fatica la panza carica di gas, sembrava raccontare una realtà meno rassicurante. 

D’un tratto l’odiato telefono si mise a strillare, era un cordless smunto e appiccicoso, compagno inseparabile d’avventure quotidiane. 

Rispose. 

C’era qualcuno piuttosto agitato che faceva fatica a spiegarsi. 

Scusa non ho capito, che attacco?

A mano a mano che scorrevano i secondi il viso di Andy sembrava allungarsi, la mandibola scivolare inesorabilmente verso il basso e dopo meno di 2 minuti anche gli occhi, per un osservatore esterno, sarebbero inequivocabilmente risultati sbarrati. 

Andy però era solo e aveva appena riattaccato. 

Digitò come una mitragliatrice impazzita le parole “cyber attack” e la data su Google, apparvero diversi comunicati, alcuni stringati, altri più audaci, ma ciò che gli apparve chiaro fin da subito fu che non era uno scherzo. 

Microsoft era stata attaccata, i server di mezzo mondo sembravano irraggiungibili. 

Ma che dddiavolo!

Nel turbinio di pensieri che gli affollavano la mente faceva fatica ad afferrarne uno che gli permettesse di fare qualcosa di concreto. 

Pensa Andy, pensa… non troppo però… pensa – una – cosa – alla – volta…

Non fece in tempo a focalizzare l’azione successiva, in quel mentre irrompeva nel suo sgabuzzino di controllo maleodorante il Ceo dell’azienda per la quale lavorava. 

Sembrava indemoniato. 

La posta è in down, i documenti che ho finito di editare stanotte non sono raggiungibili e la presentazione che devo proiettare tra 20 minuti in webconference è sul cloud, ma il cloud sembra sparito nel nulla!

Dove sono tutti i miei files! – urlò.

Andy lo guardava con un occhio semi sbarrato e con l’altro osservava il suo pc, sul quale più della metà delle schede del browser aperte mostravano un sinistro “errore 404”. 

Noooon so capo, mi hanno appena chiamato e vedo che c’è qualche problema generalizzato, qualche servizio sembra eehmm fuori servizio e eeh, ci sto lavorando, ecco…

Ci stai lavorando? Non mi sembra!

Effettivamente Andy non dava l’impressione di essersi dato da fare più di tanto fino a quel momento per tamponare la situazione: su un monitor campeggiavano errori e pagine bianche, sull’altro un mame in pausa mostrava il cavaliere di Ghost’n’goblins nell’atto di saltare una tomba, a gambe larghe, freezato ed in mutande. 

Andy esplorò quello spettacolo poco edificante roteando gli occhi da un LCD all’altro poi sembro riprendersi. 

È tutto sotto controllo capo, ora recupero i backup dal cloud e vi metto a disposizione i dati più urgenti.

ll capo lo fissava attonito, con il naso arricciato sopra i baffi che formavano un angolo acuto inquietante, come ad indicarlo a mo’ di freccia. 

Si limitò a dire a denti stretti minacciosamente: 

Ti aspetto con i file in sala riunioni tra 10 minuti!

Nemmeno il tempo di realizzare e se n’era già andato, sbattendo la porta. 

Andy prese un respiro e si sedette alla console, pronto al recupero d’emergenza ma d’improvviso realizzò: il cloud dal quale voleva recuperare i dati copiati era esattamente lo stesso che ospitava quelli in produzione, e l’attacco in corso aveva mandato tutto offline. 

Iniziò a sentire le tempie pulsare ed ebbe la sensazione che la testa volesse staccarsi dal corpo per fuggire e trovare riparo altrove. 

Si svegliò, madido di sudore, aveva assunto una posizione scomodissima per il collo durante il suo pisolino pomeridiano e ora gli doleva terribilmente. 

Si massaggiò e si rimise gli occhiali, con il cuore in gola sbirciò verso il monitor, tutte le pagine del browser erano ancora lì, con finestre, immagini, cursori e soprattutto liste di file bellissime e coloratissime. 

Mentre cercava di riprendersi fu colto da un brivido e si precipitò alla tastiera per cliccare su Druva. 

Con la bocca spalancata osservò aprirsi il pannello e vide apparire l’interfaccia, mai un programma gli era sembrato più amico, i log indicavano chiaramente che il backup di tutta la sua infrastruttura Microsoft 365 in cloud era intonso e pronto ad essere acceduto in caso di bisogno. 

Ripensò all’incubo, un sorriso maligno gli si disegnò in volto, aprì una lattina di Coca e sussurrò lentamente: 

E adesso attaccate pure!

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